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Obiettivo del libro è mostrare come la figura concettuale del "tragico", in quanto espressione di un autentico "sapere della superficie", possa essere fruttuosamente ricompresa mettendola in relazione con la riflessione che il giovane Nietzsche sviluppa, nella Nascita della tragedia, intorno all'antico Coro dei Satiri. Agli occhi del Satiro, infatti, l'apparenza diventa l'orizzonte di manifestatività di una verità che esige di essere pensata non già come pieno svelamento del nascosto, ma piuttosto come transito infinito del senso: come indefinita apertura al significare. Da questo punto di vista, la saggezza incarnata dal Satiro consiste nella capacità di ravvisare in ogni dato fenomenico un vero e proprio enigma, e per ciò stesso una soglia: l'accadere di una distanza che occorre imparare ad abitare con la "sperimentante prodezza dello sguardo più acuto".